Criticità con i clienti non le ho mai avute, ma con i fornitori sì

intervista a Gianluca Cremoni

Io non mi accontento di essere come gli altri: Gianluca spiega il suo modo di fare impresa e di creare una relazione duratura con i clienti.

Mi chiamo Gianluca Cremoni e sono un ottico imprenditore a Verona. Sono nel mondo dell’ottica da sempre, da quando avevo 17 anni: ho fatto una ventina d’anni come dipendente e ora da dieci anni sono imprenditore e ho due negozi. Ho iniziato questo lavoro per passione e tuttora mi prende tutta la giornata.

I miei negozi, Ottica Visiva e Ottica Apart, sono caratterizzati dalla ricerca del prodotto, quindi dal cercare di dare un’alternativa un pochino meno commerciale, più selezionata e più qualitativa, ai miei clienti. Quale può essere lo svantaggio? Che a noi costa di più. Dato che è un prodotto preso con un criterio di gusto personale (non viene scelto solo per la convenienza) è l’opposto di una catena commerciale: lo prendiamo perché ci piace, ci appassiona, la linea ci piace, il prodotto ci dà le risposte e lo proponiamo. Per ogni fascia di prezzo cerchiamo di avere il prodotto migliore che c’è sul mercato.

Nei miei collaboratori cerco di trovare le caratteristiche migliori e di farle convivere

Siamo in sei persone, di cui metà ottici diplomati. L’ottico diplomato è una figura fondamentale per il nostro lavoro, per l’approccio tecnico, per la verifica tecnica dell’occhiale.

L’ottico eccezionale è quello che è anche un venditore eccezionale, ma in tutti questi anni mi sono reso conto che è difficile da trovare: o hai un bravissimo ottico che non è commerciale, o viceversa. Cerco di trovare in ogni persona le caratteristiche migliori e farle convivere.

Vai da una persona di cui ti fidi, che è competente nella sua professione

Molti dei miei clienti li avevo acquisiti dalle esperienze precedenti, quindi sono persone con cui avevo creato un rapporto di fiducia e che mi hanno seguito quando sono diventato imprenditore. Anche la scelta della posizione del negozio non è casuale: avevo tantissimi clienti di questa zona e sono finito a casa loro.

Sono persone che cercano un rapporto di fiducia, basato sulla risposta alla loro esigenza di un prodotto professionale, di qualità, ben approntato, ben eseguito – proprio come il rapporto che hai con il tuo medico. Vai da una persona di cui ti fidi, che è competente nella sua professione. L’occhiale è ancora un elemento importante, da non considerare alla stregua di una scarpa o un capo di abbigliamento. Deve essere fatto bene, deve funzionare, deve essere bello e confortevole. L’ottica moderna è abbastanza complessa: non è solo tecnicismo e nemmeno solo la firma.

Il rapporto che ho con i miei clienti è buono e sereno. Lavoriamo bene, siamo riconosciuti. Il cliente che viene qui penso che sia anche consapevole della situazione, nel senso che noi non siamo un outlet, non siamo un negozio scontista, per quanto ogni tanto cerchiamo di dare anche la convenienza a chi la cerca.

Faccio un parallelismo con la pizza. La pizza deve essere buona, ma non necessariamente deve costare meno: mi deve piacere, io vado dove la pizza è buona. Per l’occhiale vale lo stesso criterio: occhiale è fatto bene, tu vieni qui da me, io ti faccio spendere il giusto, e magari ti propongo una promozione che ti dà una maggiore convenienza.

Siamo molto esigenti e questo ci porta ad avere grossi scontri con i fornitori

Criticità con i clienti non le abbiamo mai avute. Io sono più un problema per i fornitori: loro non ti fanno quello che vorrei in termini di qualità, che vorrei poi trasferire al cliente finale. Il cliente ovviamente queste cose non le sa, non gli faccio presente quale è la lotta che facciamo talvolta con il fornitore per ottenere certi prodotti o certi requisiti tecnici. Spesso succede che rifacciamo i lavori perché non hanno lo standard che vogliamo, tutto questo per arrivare a un prodotto che sia il 100% scaricando il costo dell’inefficienza sul fornitore.

Sono aziende che ragionano come tutte le grosse aziende. Se parliamo di lenti, ad esempio, ragionano in termini di flusso di lavoro e tu rientri in quel flusso, quindi tu diventi come tanti altri. Ma io non mi accontento di essere come gli altri.

Se questo prodotto te lo compro, lo voglio dare ai clienti con certi requisiti, te lo pago per queste prestazioni e il prodotto queste prestazioni le deve avere fino in fondo. Non può avere l’80% delle prestazioni perché c’è un problema di perfezione esecutiva o di finitura. Io il prodotto lo pago sempre uguale, quindi io voglio quel 100% sempre. E quando non me lo dai, il lavoro viene rifatto, magari con quattro giorni in più di attesa. Il cliente si lamenterà un pochino del ritardo, ma il prodotto è perfetto. Questa è la mia politica, che magari non è commerciale, perché non guarda il risultato nell’immediato, forse dovrei far uscire il prodotto e incassare, invece l’incasso non c’è in questo momento perché quel prodotto te lo sto rifacendo.

È probabilmente una politica più strategica, perché poi il cliente soddisfatto torna da me, anche se non sempre il cliente lo percepisce in maniera così evidente, quel piccolo quid lo vedo io da tecnico, il cliente sì, no, forse. Ma per me non c’è il forse, ci deve essere il lavoro perfetto. È sempre stato così, anche quando ero dipendente, non ero diverso.

Nei confronti dei miei clienti non vado a fare un ragionamento complicato: gli offro semplicemente quello che avrei voluto io come cliente

Le soddisfazioni più grandi con i clienti sono la fidelizzazione, cioè il cliente che ritorna. Abbiamo uno storico importante, difficilmente un cliente mi abbandona e, se lo fa, è solo per una questione di prezzo, non per altri motivi. Magari ha la sensazione di trovare lo stesso prodotto a cifre più basse. Facciamo sconti, certe volte non percepisci che quel 5% in più ti può salvare la vendita, può succedere, anche se non frequentemente.

Non mi sembra sia mai successo di perdere clienti per lavori fatti male o per requisiti qualitativamente bassi. Io ti do un prodotto affidabile, cerco di farti venire il meno possibile il negozio: una volta che ti consegno l’occhiale, la mia aspettativa è che ci vediamo solamente quando dovrai cambiarlo, neanche per assistenze extra o per problemi. Il mio obiettivo è massima affidabilità possibile.

Come quando compi una macchina e sei contento di andare dal concessionario solo per il tagliando o solo per cambiarla perché ne compri una nuova, ma non perché ti si rompe il finestrino o il contachilometri. L’obiettivo è un po’ lo stesso.

Ho sempre avuto questo atteggiamento nei confronti dei miei clienti semplicemente perché è quello che avrei voluto io come cliente, non vado a fare un ragionamento complicato: io come cliente vorrei essere trattato in questa maniera. Un prodotto valido, pagato il giusto, che dietro non abbia fregature commerciali.

Se c’è un piccolo inconveniente vorrei essere ascoltato, e quindi faccio esattamente  le stesse cose con i miei clienti.

Se tu capisci cosa serve a quella persona, le dai il prodotto giusto, che talvolta può essere anche il più semplice

A volte il problema che senti di più è la questione prezzo, la richiesta generica “Cosa costa?” senza specificare per cosa. È una domanda un po’ sciocca secondo me, ma ancora diffusa. Cosa costa un occhiale? A volte sono in difficoltà, cerco di argomentare nel modo migliore possibile, cercando di spiegare che non è una domanda propriamente pertinente, nel senso: quanto costa un appartamento? Dipende, no? Dalla posizione, dimensione, puoi pagare 50mila euro o 2 milioni di euro.

Per l’occhiale vale lo stesso criterio. Può costare pochissimo, se gli dai un bassissimo valore, perché non ritieni che sia importante per te. Giustissimo, però anche il cliente deve essere chiaro nei nostri confronti. Come faccio a dirti quanto costa un occhiale? Può costare 70 euro o 700: dipende dalla montatura che scegli, dalle lenti che scegli. Ecco, questa è una situazione che si ripete, per quanto negli anni l’abbiamo sempre cercata di gestire dando delle risposte che facessero capire.

La frase “Non ci vedo e devo mettere gli occhiali” non è abbastanza.

Faccio un esempio: l’occhiale da lettura. Un occhiale da lettura può essere un occhiale per leggere, banalissimo, solo per la lettura, ma molto spesso questo termine è estremamente frainteso e confuso. L’occhiale da lettura diventa l’occhiale da scrivania, che poi diventa l’occhiale anche per vedere il computer, e questi sono concetti molto diversi. Bisogna entrare proprio nell’ambito tecnico. “Quanto costa un occhiale da lettura?”. Ma devi leggere solo il libro la sera o ti serve per fare un’attività da scrivania, guardare il computer? Ti si apre un mondo diverso. Quindi il bisogno del cliente  è “Voglio vederci da vicino”. Sì, ma esattamente cosa? Questo malinteso nasce spesso anche in fase di controllo con gli oculisti, anche se sembra un paradosso, perché molti oculisti non fanno questa anamnesi che è importantissima e molte volte succede che noi dobbiamo verificare la prescrizione proprio per questo motivo.

Io prima di darti l’occhiale due domandine te le faccio perché voglio essere tranquillo che ti sto dando quello che ti serve.
Abbiamo salvato molte situazioni in questo modo. Non è nemmeno colpa del cliente, perché non lo sa. Se tu capisci cosa serve a quella persona, le dai il prodotto giusto, che talvolta può essere anche il più semplice.

Quella volta in cui Fanny Ardant voleva l’abito, non i nostri occhiali

Ti racconto un episodio di un po’ di tempo fa. Un mattino passa davanti all’altro negozio l’attrice francese Fanny Ardant, che era a Verona perché stava facendo una serata al Teatro Romano. Noi facciamo le vetrine usando dei vecchi manichini anni Trenta, dei busti per sarti, su cui mettiamo abiti vintage. In quel periodo c’era un abito da cocktail americano color bianco e nero, tipo Marilyn Monroe, che ovviamente non era in vendita.

Nel pomeriggio viene poi un signore, che si presenta come il manager dell’attrice, e ci dice che lei era passata di lì, aveva visto l’abito e assolutamente lo voleva. Ci lascia il numero di telefono. La nostra amica, che aveva la proprietà del vestito, si è messa in contatto con lui. Si sono messi d’accordo che avrebbero portato l’abito al Teatro Romano per farlo provare all’attrice. Abbiamo anche le foto. L’ha provato, l’abito era bellissimo, ma la misura era sbagliata, perché l’abito era, se ben ricordo, un 38 e lei non riusciva a chiudere la cerniera dietro. L’attrice per ringraziare ci ha poi offerto la serata al suo spettacolo.

Quindi, non ha chiesto l’occhiale, ha chiesto l’abito, l’aveva colpita di più!

Per relazionarsi con i clienti consiglio sincerità, qualità e correttezza

A chi vuole creare una relazione duratura con i suoi clienti suggerisco di essere innanzitutto sinceri, di fare scelte qualitative sui prodotti, di fare proposte corrette.

Poi di mostrare disponibilità ad ascoltare le proposte dei clienti, di cercare di capirli, perché non sempre ti vengono dette le cose, e mettersi nei loro panni. Pensare sempre più invertendo i ruoli.

Tu vai in un negozio e che cosa vorresti come cliente? Quel “che cosa vorresti” probabilmente è anche la chiave di un’attività, cioè tutte quelle piccole attenzioni, quelle risposte, ti possono già essere d’aiuto.

Poi la trasparenza, la correttezza. Anche la ricerca – anche se, se è fine a se stessa e se non c’è tutto il resto, vale poco.

Infine, la scelta del fornitore è fondamentale: se vedi che non ci sono risposte, cominci a guardarti in giro. Si tratta di relazioni interpersonali. Se un fornitore lavora male, prima o poi le cose saltano.

#parliamodiclienti sono persone come noi

Cosa abbiamo imparato dal lavoro di Gianluca Cremoni:

  • non accontentarti di essere come gli altri: punta al massimo
  • sii affidabile e offri prodotti affidabili: la scelta del fornitore è fondamentale
  • ascolta i tuoi clienti se capita qualche piccolo inconveniente
  • sii chiaro nei confronti del tuo cliente e motiva il valore del tuo lavoro
  • lavora con trasparenza, correttezza e sincerità.