La customer experience nel B2B

customer experience B2B

Un case study nel retail: i dipendenti formati a focalizzarsi sui compiti da svolgere e non ad ascoltare e a soddisfare i clienti.

La customer experience riguarda anche il B2B? Dobbiamo occuparci cioè di offrire un’eccellente esperienza anche quando vendiamo i nostri prodotti o servizi a un’azienda e non a un cliente finale?

Sentiamo cosa racconta Kevin Peters, presidente della catena Office Depot, nella sua intervista rilasciata a Business Harvard Review.

I clienti si trovavano bene ma non compravano nulla

Quando sono diventato il presidente della divisione retail di Office Depot per il Nordamerica, nel 2010, la prima cosa che ho fatto è stata cercare di capire il significato di una serie di fatti strani. Le vendite stavano calando e, anche se questo non è insolito in un’economia debole, erano diminuite più velocemente delle vendite dei nostri concorrenti e dei rivenditori in generale. Al tempo stesso, la nostra azienda totalizzava ottimi punteggi nei test con il metodo del mystery shopping, che venivano calcolati da un’agenzia di ricerche esterna.

Come era possibile che i clienti si trovassero a meraviglia nel negozio, se poi non compravano nulla?

Per capire meglio, ho deciso di fare io stesso del mystery shopping: la risposta non potevo trovarla rimanendo nel quartiere generale, ma dovevo visitare personalmente i negozi. Mi sono vestito in maniera informale, un vecchio paio di jeans, una maglietta e un cappellino da baseball. Niente abito e nemmeno la camicia blu che i dipendenti indossano in tutti i nostri negozi. Nessuno doveva sapere quello che stavo facendo.

Volevo sperimentare la nostra azienda nello stesso modo in cui lo fanno i nostri clienti

Nelle settimane successive ho visitato 70 negozi in ben 15 stati diversi.

In ogni punto vendita seguivo lo stesso metodo. Stavo un po’ di tempo in macchina nel parcheggio a osservare i clienti che entravano e uscivano dal negozio. Poi entravo, osservavo per circa 20-30 minuti quello che stava succedendo, finché mi avvicinavo per chiedere alle persone se avevano trovato ciò che cercavano e quale era la loro opinione sul negozio in generale.

Alcune delle conversazioni più interessanti le ho avute quando ho seguito le persone che uscivano dal punto vendita senza nulla in mano e ho chiesto loro perché non avessero acquistato. Potrei raccontarti tante storie sulle cose che ho visto, ma mi sono rimasti in mente due episodi in particolare.

Il primo è relativo a quando in un negozio ho osservato un dipendente mentre discuteva con un cliente sul fatto se avessimo o meno un certo tipo di calcolatrice di cui aveva bisogno suo figlio per scuola.

Un dipendente che discute con un cliente – era incredibile!

Il secondo episodio riguarda invece la volta in cui, mentre guardavo l’ingresso di un altro punto vendita dalla mia macchina, osservavo un dipendente di Office Depot che stava in piedi accanto all’entrata, riparandosi dalla pioggia sotto il tendone dell’ingresso, a fumarsi delle sigarette. Nell’ultima mezz’ora avevo visto un cliente dopo l’altro uscire dal negozio e nessuno di loro aveva con sé un sacchetto di plastica. Lui non aveva mosso un dito, si limitava a osservarli in silenzio, mentre attraversavano la nube di fumo per uscire dalla porta.

Ero molto combattuto.

Dovevo far finta di niente, mentre la mia azienda perdeva un cliente dopo l’altro?

Alla fine ho abbandonato il progetto di restare in incognito, sono sceso dall’auto e sono entrato in negozio.

La prima cosa che ho fatto è stata guardare il cartello che si trova in ogni nostro punto vendita, su cui ci sono la foto e il nome del direttore della struttura, accompagnati dalla frase: “Se non siete soddisfatti della vostra esperienza di shopping, chiedete di me o di un altro capo reparto”. Per poco non mi veniva un colpo: il direttore era l’uomo che stava fumando.

Sono andato da lui e mi sono presentato, e abbiamo avuto una discussione bella lunga. Si vergognava del suo comportamento e per tutta la durata della nostra conversazione non ha smesso di sudare copiosamente. Mi ha promesso di impegnarsi di più per prendersi cura dei clienti e io gli ho promesso che saremmo rimasti in contatto. Ancora oggi ci scambiamo delle email ogni mese per discutere la sua performance.

C’era però qualcosa di positivo.

Dopo aver visitato tutti quei punti vendita, aver parlato con centinaia di clienti e averli osservati mentre facevano shopping, avevo iniziato a risolvere l’enigma. I punteggi di mystery shopping erano corretti.

Sai cosa non era corretto? Ponevamo le domande sbagliate

Noi stavamo chiedendo: i pavimenti sono puliti? Gli scaffali sono pieni di merce? Le finestre del negozio sono pulite? I bagni sono stati puliti recentemente?

Ai nostri clienti tutto questo non importava.

I clienti di Office Depot sono in maggioranza titolari di piccole aziende, che non guadagnano nulla quando non sono di fronte a un cliente o non stanno lavorando per un cliente. Vogliono trovare gli articoli di cancelleria per cui sono venuti, in fretta e con facilità.

I nostri clienti volevano entrare, comprare e uscire. Ma noi non li aiutavamo a farlo

I nostri punti vendita erano molto vasti, i cartelli che indicavano i reparti erano disordinati e orientarsi era un’impresa. I dipendenti, dai direttori ai commessi, non aiutavano abbastanza i clienti: erano stati formati a focalizzarsi sui compiti da svolgere, non a costruire relazioni con i clienti e ad ascoltarli attentamente per soddisfare le loro richieste.

Restavano con il cliente per pochi istanti, e poi: Oh, scusi, ha dimenticato di comprare qualcosa? Mi perdoni, mi sono distratto un attimo: ero troppo impegnato a riempire gli scaffali e a rivedere l’allestimento degli spazi di vendita.

La customer experience nel B2B: cosa ho fatto per migliorarla

Le mie conversazioni con i clienti mi hanno dato tre spunti utili per trasformare la nostra attività e renderla più competitiva.

Il primo:

abbiamo dovuto ridurre le dimensioni dei nostri negozi. Erano troppo grandi e non facilitavano l’acquisto.

Il secondo:

abbiamo dovuto migliorare drasticamente l’esperienza in-store per i nostri clienti. Ciò ha significato formare meglio i nostri collaboratori per fare in modo che si concentrino di più sui clienti. Abbiamo anche semplificato il nostro processo di vendita, ora è chiamato ARC: chiedi, raccomanda/consiglia, chiudi.

Il terzo:

abbiamo dovuto guardare oltre i prodotti per ufficio per fornire altri servizi che i nostri clienti ci chiedevano. Volevano poter fare fotocopie, stampare e spedire. Volevano aiuto per installare software e aggiustare i computer. Abbiamo dovuto ampliare le nostre offerte se volevamo rimanere interessanti per loro.

Parlare direttamente con decine e decine di clienti mi ha anche ricordato un fatto nudo e crudo: hanno molte scelte. I prodotti per ufficio sono un’industria da 300 miliardi di dollari, e le prime tre aziende – Staples, Office Depot e OfficeMax – rappresentano meno del 10% del mercato. Circa il 65% dei nostri clienti sono piccole e medie imprese, e l’acquisto di articoli per ufficio non aggiunge valore a quello che fanno. Vogliono entrare e uscire.

Sulla base di tutti questi feedback, abbiamo cominciato a trasformare la nostra attività e non ti nascondo che probabilmente è stata una delle sfide più impegnative che abbia mai avuto.

Continuo a visitare i nostri negozi il più spesso possibile. È davvero l’unico modo con cui puoi sapere come sta andando il tuo business. Devi vedere di persona come vengono trattati i clienti, non puoi affidarti a metriche: devi sperimentarlo tu stesso. Se pensi che la tua azienda stia offrendo un buon servizio al cliente, chiediti:

ne sono davvero sicuro? So quello che sperimenta chi entra in contatto con me?

Torniamo a noi e alla domanda iniziale.

La customer experience riguarda anche il B2B?

Certo, anche loro sono persone.