In che modo chi si occupa di customer experience sta affrontando il cliente cambiato?
Gli ultimi due anni hanno reso il lavoro del customer experience manager ancora più duro: il COVID-19 ha modificato i bisogni dei clienti e ne ha creati di nuovi e inaspettati. Da una analisi di Accenture è emerso che la pandemia ha portato il 50% dei consumatori a rivedere le priorità a livello personale e a esprimere delusione nei confronti di molte aziende da cui si aspettava più supporto e comprensione durante questo periodo difficile.
In che modo chi si occupa di customer experience sta affrontando questi cambiamenti?
A questa domanda risponde The 2022 State of CX Report, il report di GetFeedback che racconta lo stato dell’arte della customer experience nel 2022. L’indagine ha coinvolto 2.200 customer experience manager tra gli Stati Uniti e l’Europa, di aziende B2B e B2C e di 26 settori diversi, dal tech, al manifatturiero, finance, retail, e turismo.
In questo post riassumo gli aspetti che ho trovato più interessanti per le aziende italiane che vogliono affrontare in modo consapevole questa nuova era della customer experience.
I customer experience manager lavorano in reparti diversi
Più di due terzi dei professionisti della customer experience ha un job title che è in linea con la sua responsabilità: customer experience manager o chief customer officer.
Il reparto in cui lavora però varia molto: il 20% dei customer experience manager è all’interno dell’IT, seguito da Customer experience, Prodotto, Vendite e Supporto clienti.

Questo aspetto mi ha stupito, anche se, se ci pensiamo, può avere un certo senso: l’IT supervisiona i sistemi e i dati che i dipendenti di tutta l’azienda usano ogni giorno per supportare il cliente e la sua esperienza, dati che sono al centro della progettazione e dell’erogazione della customer experience.
L’aspetto delicato è un altro. Spesso, quando i customer experience manager fanno capo a un dirigente di primo livello diverso dal chief customer officer o dall’AD, l’area di interesse è dettata dall’ambito di competenza del reparto del dirigente. Ad esempio, se il customer experience manager risponde al Responsabile servizio clienti, si concentrerà sulla sua area di competenza e quindi la sua prima priorità sarà garantire la soddisfazione del cliente quando ha a che fare con il servizio clienti. Se invece dipende dal Responsabile marketing, è probabile che dedichi il suo tempo all’acquisizione dei clienti più che alla loro fidelizzazione.
In realtà, per svolgere bene il loro lavoro, i professionisti della customer experience devono osservare, capire e progettare l’esperienza in modo olistico, non solo entro i confini del reparto in cui lavorano.
La differenza la fa il lavoro di squadra
Un altro aspetto che è emerso dall’indagine di GetFeedback è che, per offrire una esperienza al cliente positiva e coerente al brand, i team di customer experience devono lavorare in modo cross funzionale per ottimizzare ogni punto di contatto chiave lungo il viaggio del cliente.
Il lavoro di squadra e la collaborazione trasversale sono considerati punti di forza sia negli Stati Uniti sia in Europa e i reparti che collaborano di più sono il Supporto clienti, la Customer experience, l’IT, il Customer success e le Vendite.
Quali sono le competenze che padroneggiano i team che si occupano della customer experience? Dopo il 48% del lavoro di squadra e della collaborazione cross funzionale, seguono il problem solving con un 46%, il pensiero analitico e critico con un 39%, la leadership con un 34%, e l’analisi di mercato con un 25%.

Queste competenze non devono essere necessariamente possedute dai collaboratori che fanno parte del team della customer experience, ma possono risiedere in persone che lavorano in altri reparti. Tutta l’organizzazione deve essere coinvolta e impegnata nel lavoro che comporta migliorare l’esperienza del cliente, perché è, appunto, un lavoro di squadra e impatta l’azienda intera.
La collaborazione cross funzionale genera maggiori ricavi
Questo aspetto viene confermato da un altro dato: i professionisti o i team di customer experience che collaborano in modo significativo a livello interfunzionale hanno il 27% di probabilità in più di avere un tasso alto o molto alto di ROI sul loro programma. Hanno anche tre volte più probabilità di avere un alto impatto aziendale rispetto a quelli che si impegnano poco o per niente nella collaborazione.

È un dato che non ci sorprende: quando abbatti i silos organizzativi, lavori insieme, condividi informazioni, collabori nel progettare l’esperienza del cliente con il collega che è prima di te e dopo di te, contribuisci a far sì che lo sforzo per il cliente si riduca e di conseguenza trai benefici a livello di costi, di fidelizzazione e di passaparola.
Più grande è il team maggiore è il risultato
Da quante persone sono composti i team della customer experience? Il 58% ha dalle 11 alle 15 persone.

E chi, come le PMI italiane, non può permettersi un team di queste dimensioni ma si trova a competere con aziende che lo hanno, come fa? Può investire in un percorso di customer experience management con un consulente affinché la customer experience diventi responsabilità di tutti e porti risultati economici.
Il supporto da parte del vertice è la chiave per raggiungere i risultati
Dall’analisi di GetFeedback emerge che due terzi dei customer experience manager afferma che il vertice aziendale è estremamente o molto coinvolto nelle iniziative di customer experience. Queste organizzazioni hanno tre volte più probabilità di avere un alto tasso di ROI dal loro programma.

Che supporto stai dando alla tua azienda nell’affrontare i nuovi bisogni del cliente? Se hai bisogno di aiuto, contattami.