Vuoi spiccare il volo e proporti anche tu?
In questi anni di libera professione ho formato tre Customer experience manager.
Due erano già dipendenti dell’azienda, una era di nuova assunzione. Nessuna si era mai occupata di customer experience e tutte erano donne (un caso? Chissà*). Tutte e tre avevano un passato a contatto con i clienti. E tutte e tre erano intimorite dal nuovo ruolo.
Le aziende in cui lavoravano erano PMI: immaginati un’impresa di medie dimensioni con alcune figure manageriali, diversi responsabili d’ufficio più di nome che di fatto, e una Proprietà operativa a livello di gestione. A due di loro il ruolo era stato offerto dalla Proprietà stessa, una si era proposta lei e le era stato detto sì.
Diventare Customer experience manager significa farsi riconoscere dai colleghi
Erano tutte e tre intimorite dal nuovo ruolo, dicevo.
Sì, perché diventare Customer experience manager in una PMI non è proprio una passeggiata.
Non lo è quando in quell’azienda già ci lavori, magari da anni, e ti sei occupato o occupata di altro: ora devi farti riconoscere dai colleghi in questa veste nuova. Veste che ti porterà inevitabilmente a mettere il naso nelle loro attività. Come fai, per esempio, a migliorare l’esperienza del cliente nuovo se non approfondisci con la Comunicazione come sia stato progettato il sito, con i colleghi del Customer care e del Commerciale cosa succeda quando un contatto scrive o telefona in azienda, con chi lavora al Back-office commerciale quanto veloci siano nell’inviare un’offerta?
Immaginati la loro espressione quando organizzi un incontro per mappare il viaggio del cliente e inizi a chiedergli: “Cosa succede qui? E qui? E qui ancora?”.
Siamo pur sempre in una PMI, dove le persone sono poco abituate a confrontarsi in modo strutturato e senza la presenza, che talvolta diventa ingerenza ma anche sicurezza, della Proprietà.
La customer experience è una disciplina e non significa coccolare i clienti
Ricoprire il ruolo di Customer experience manager è sfidante anche per un altro motivo.
Si pensa che significhi essere empatici e coccolare il cliente (neanche fosse un bambino o un cane), e trovi sempre chi ti dice: “Diciamo che io sono abituato a mettermi nei panni dell’interlocutore. Ho fatto la customer experience ben prima di sapere come si chiamasse”. Le persone – e quindi anche i tuoi colleghi e colleghe – non sanno che è una disciplina e che ha una metodologia ben precisa. Che deve essere allineata alla strategia dell’azienda, garantire la promessa del brand in ogni momento di contatto – e che per la maggior parte delle imprese è come scalare le Dolomiti.
Così succede che, mentre tu impari e fai, ti ritrovi a fare i conti con chi pensa di saperne più di te o con chi non capisce a cosa serva il tuo ruolo. E finisci per correre il rischio di crederlo anche tu.
Vuoi diventare Customer experience manager e hai anche tu questi dubbi?
La customer experience è una disciplina recente: la Customer Experience Professionals Association, l’Associazione dei professionisti della customer experience, è stata fondata nel 2011, undici anni fa. In Italia se ne parla da cinque/sei e da poco sono nati corsi di formazione sul customer experience management, con un taglio parecchio spostato sul marketing o sulla user experience (non a caso: nelle aziende i budget marketing e digitale sono generalmente più consistenti). Esistono poi diverse possibilità per capire da soli, per esempio, cosa siano le personas o come si mappi il viaggio del cliente, basta che digiti questi due termini e trovi numerosi articoli online.
Il punto, ora, non è se questi corsi o contenuti siano validi o sufficienti per diventare Customer experience manager. Il punto, anzi, i punti sono piuttosto altri due.
Sulle slide sembra tutto facile ma l’unica soluzione è iniziare a fare
Il primo è che una cosa è la teoria e un’altra è la pratica. Sulle slide sembra tutto facile. Ma quando poi sta a te portare avanti un programma di customer experience saranno frequenti le volte in cui ti chiederai:
e ora, come vado avanti? Dove monitoro tutte i progetti che sto implementando? Come faccio a dimostrare i risultati che ho ottenuto?
Da dove parto per coinvolgere chi fa finta di non sentire?
Ma perché accidenti non ho continuato a fare quello che facevo prima?!?
È normale che sia così, e questi dubbi li hanno provati tutte le persone che hanno iniziato a occuparsi di customer experience. Ci vorrà un po’ di tempo per sentirsi meno smarriti e smarrite.
Le PMI sono diverse dalle grandi aziende ma hanno altri vantaggi
Il secondo è che le PMI sono molto diverse dalle grandi aziende. Per dimensione, per budget, per sfide, per cultura del dato, per managerialità, per dinamiche interne. Quindi è sì interessante ascoltare o leggere quello che hanno fatto i grandi nomi, ma non puoi pensare di seguire la stessa strada.
Devi invece puntare sui vantaggi che una PMI ha: processo decisionale veloce, ridotta gerarchia, flessibilità, disponibilità ad assumersi dei rischi, visione, bisogno di persone che vogliano fare.
E lì individuare ciò che serve alla tua di azienda.
Per poi, subito, trovare il coraggio di spiccare il volo e proporti.
*In Italia siamo in quattro ad avere la certificazione Certified Customer Experience Professional. Tutte e quattro donne.