Distinguersi dalla concorrenza con la customer experience: è importante l’esperienza che vive il tuo cliente, ma ancora di più il ricordo che ne ha.
Nel libro Pensieri lenti e veloci, il premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman ci accompagna in un viaggio che spiega i due fondamentali meccanismi della mente umana. Da una parte l’intuito, la scelta irrazionale, il pensiero immediato, e dall’altra la logica, la razionalità, la scelta meditata.
Non è un libricino, ha quasi 600 pagine. Tra i vari argomenti, ha un capitolo dedicato all’esperienza e alla memoria che ci induce a riflettere su un tema a noi caro, la customer experience.
Quale conta di più: l’esperienza che facciamo o il ricordo che ne abbiamo?
L’esperienza di due pazienti durante una colonscopia
Kahneman porta come esempio l’esperienza di due pazienti che vengono sottoposti, insieme ad altri 152, a una dolorosa colonscopia. Siamo in Canada agli inizi degli anni Novanta e, a quei tempi, non sempre venivano somministrati l’anestetico e i farmaci amnesici.
Immagina quindi due persone, il paziente A e il paziente B, a cui, durante l’esame, viene chiesto ogni 60 secondi di indicare il livello di dolore che provano in quel momento.
Per aiutarti, guarda il grafico qui sotto.
Come vedi, l’esame del paziente A durò 8 minuti, mentre quello del paziente B ben 24.
Per quanto riguarda l’intensità del dolore, i dati sono misurati su una scala che va da zero (“nessun dolore”) a dieci (“dolore intollerabile”).
Assumendo che entrambi i pazienti usassero la scala del dolore in maniera analoga, quale dei due secondo te soffrì di più?
Siamo tutti dell’idea che il paziente B abbia sofferto di più: la durata dell’esame fu più lunga e anche il livello medio di dolore più elevato.
Quale dei due pazienti ha avuto l’esperienza peggiore?
Alla fine della colonscopia ai partecipanti venne chiesto di valutare la quantità totale di dolore che avevano provato durante l’esame.
Sai chi conservava un ricordo molto peggiore? Chi pensava di aver sofferto di più?
Il paziente A.
Sì, A e non B. Nonostante il suo esame fosse stato di minore durata, la sfortuna aveva voluto che fosse terminato in un brutto momento, in un picco del dolore, e questo ha fatto sì che lui avesse un ricordo della colonscopia di gran lunga peggiore del paziente B.
L’importanza dell’happy ending
Cosa ci insegna una colonscopia sulla customer experience?
Ci fa riflettere sul fatto che è sì importante l’esperienza che facciamo, ma molto di più lo è il ricordo che ne abbiamo.
E lo stesso vale per i nostri clienti – anche se, certo, è molto difficile distinguere le esperienze dai ricordi.
Le persone non valutano l’esperienza totale che vivono con noi in base a ciò che accade in ogni singola fase della relazione, ma la giudicano in base a ciò che è successo nel momento di maggiore intensità e alla fine (quella che viene chiamata pick-end rule, la regola del picco-fine).
Come possiamo tradurre tutto ciò nella nostra attività lavorativa e distinguerci dalla concorrenza?
Ecco alcuni spunti che mi vengono in mente:
- quanto tempo dedichi, alla fine di un incontro con un (potenziale) cliente, a riassumere ciò che hai concordato con lui? Ricordati di evidenziare i suoi bisogni e le soluzioni che gli proponi per soddisfarli
- perché lasci che l’ultimo contatto con un cliente sia il pagamento di una fredda fattura? Esiste un’alternativa? Per esempio potresti inviare un’email in cui lo ringrazi per il lavoro fatto insieme
- conosci quali sono i momenti di contatto in cui il cliente ha le maggiori aspettative nei tuoi confronti? In questo ti può aiutare la mappatura del viaggio del cliente (la customer journey map) perché ti permette di metterti nei suoi panni.
Se vuoi approfondire i temi di cui tratta Daniel Kahneman, puoi ascoltare il suo TED Talk L’enigma dell’esperienza contro la memoria.
Vuoi imparare a mappare il viaggio del tuo cliente?
Puoi farlo durante il Percorso online sulla customer experience: trovi tutte le informazioni qui.