Come trasformare un disservizio in un servizio

disservizio in servizio

Come trasformare un disservizio in un servizio l’ho imparato da un pediatra. In modo semplice e organizzato.

Ho avuto la possibilità di vivere parecchi anni in Germania e in due città diverse, prima al Sud e poi più verso il Nord. È stato un periodo molto formativo, un po’ perché quando sono partita avevo 24 anni, e un po’ perché in quegli anni mi sono sposata, ho messo al mondo due figli, ho finito l’università e ho iniziato a lavorare, il tutto in un Paese straniero.

Anni fa, un collega italiano un po’ più anziano di me, che aveva vissuto la stessa esperienza, mi ripeteva spesso con un sorriso che in realtà tutto quel tempo in terra tedesca ci aveva rovinati. Non so se sia così, quel che so è che sicuramente mi ha cambiata, mi ha costretta ad aprirmi e mi ha insegnato tanto, tra cui ad apprezzare ciò che è diverso da me.

In entrambi i trasferimenti siamo andati a vivere in città in cui non conoscevamo nessuno. Eravamo spinti da motivazioni professionali, e dovevamo un po’ alla volta crearci tutti i supporti necessari, tra cui una rete di amicizie, baby-sitter, scuola materna e poi scuola elementare, e assistenza medica.

Al pediatra dei miei figli siamo arrivati per caso, di solito lo sceglievamo in base alla vicinanza dello studio a casa. Si chiamava Dr. Weinrich – il suo nome me lo ricordo ancora anche se sono passati più di quindici anni e nonostante il fatto che io, pur essendo abbastanza fisionomista, abbia difficoltà a ricordare con precisione i nomi delle persone, soprattutto dopo vari anni.

Cosa succedeva se il pediatra era in ritardo

Il Dr. Weinrich è stato per me la persona che mi ha fatto capire e sperimentare i “famosi” valori tedeschi di metodo, organizzazione e affidabilità. Era un uomo sulla quarantina, aveva il suo studio al piano terra di una palazzina non lontano da casa nostra, ed era tra i pediatri che avevano più pazienti in città. Sicuramente per la sua bravura come medico, ma anche per la sua professionalità.

Il primo aspetto che apprezzavo del suo modo di lavorare era che, una decina di minuti prima dell’orario in cui era fissato l’appuntamento, potevo telefonare in studio e la sua assistente mi avrebbe comunicato il ritardo previsto. Di solito era in orario, però poteva capitare che fosse in ritardo anche di trenta/quaranta minuti. E in cinque anni di visite tra uno e l’altro figlio è successo spesso. Questa possibilità di contatto non era riservata solo a me, ma a tutti i pazienti, e non era un medico privato.

Perché mi piaceva il suo modo di lavorare

Sapere il ritardo previsto mi dava la possibilità di evitare di fare corse inutili, di non rubare tempo allo studio o al lavoro e soprattutto di non aspettare innervosendomi in una sala d’aspetto con due bambini piccoli, che magari erano sani e erano lì solo per un controllo di routine o una vaccinazione, e che invece rischiavano di ammalarsi giocando con gli altri bambini che attendevano di essere visitati perché ammalati. E la stessa cosa la pensavano gli altri genitori.

Quindi da un semplice pediatra ho imparato come si può trasformare un disservizio (il ritardo suo e l’attesa mia) in un servizio (la possibilità di telefonare e sapere l’orario aggiornato della visita medica e quindi di arrivare quando era il mio turno).

A lui non costava nulla, non aveva dovuto assumere persone in più o modificare la sua routine lavorativa: l’aveva semplicemente comunicato e tutto funzionava. Credo che in ogni caso facesse piacere anche a lui non avere la sala d’aspetto gremita di genitori e bimbi in attesa.

Io mi sentivo rispettata. Non mi è più capitato di poter godere dello stesso servizio – non so se sia successo a te – eppure, se ci pensiamo, è così semplice e quasi banale. Un ottimo servizio al cliente. Per me è stato meglio di qualsiasi spiegazione teorica.

La sua organizzazione in pratica

Lo studio del Dr. Weinrich era strutturato con una sala d’aspetto all’entrata, poi più avanti sulla destra un bancone e di fronte quattro stanze, ognuna con un numero diverso sulla porta. Quando era il tuo turno, la persona dedicata all’accoglienza ti comunicava il numero dell’ambulatorio in cui entrare, tu svestivi il bambino sul lettino e aspettavi il pediatra che si spostava accompagnato da un’assistente, seguendo i numeri che indicava un normalissimo dado posto sul bancone.

In pratica funzionava così: lui passava di stanza in stanza, trovava il piccolo paziente già svestito, lo visitava mentre la sua collaboratrice digitava sul computer quello che lui riscontrava e che dettava ad alta voce durante la visita, spiegava al genitore cosa c’era da fare e usciva per andare in un’altra stanza ripetendo lo stesso iter e sempre seguito dall’assistente. Tutto era organizzato dal dado che veniva girato mostrando il numero dell’ambulatorio in cui era atteso. Anche questo così semplice.

Un servizio fluido, snello e umano

Cosa apprezzavo del suo servizio? L’attività dello studio era organizzata da un semplice dado (e io amo la semplicità), non aveva dovuto investire in chissà quali tecnologie, il numero indicato sul dado corrispondeva all’ambulatorio in cui doveva entrare, quando entrava trovava il paziente già pronto. Tutto era fluido e snello, lui non perdeva tempo inutile e noi genitori e bimbi nemmeno.

Questo modo di lavorare non toglieva nulla alla relazione umana, anzi: il Dr. Weinrich era una persona molto affabile e piacevole. Semplicemente, scusami il gioco di parole, semplificava la vita a tutti.

Che relazione ha tutto questo con il tuo lavoro all’interno della tua azienda?

Si preferisce far finta di nulla

Se penso a come trasformare un disservizio in un servizio, mi viene subito in mente: quanti di noi comunicano al proprio cliente un ritardo nella consegna di un prodotto o nella fornitura di un servizio, anticipando la sua telefonata? Perché siamo d’accordo che ritardo della merce = disservizio; telefonata o email spontanea da parte nostra = servizio?

Il più delle volte, secondo la mia esperienza, si preferisce far finta di niente, stare in silenzio, “non svegliare il cane che dorme” e lasciare che sia il cliente a farsi vivo eventualmente per sollecitare la consegna in ritardo. E lì cercare di gestire la cosa, compresa la sua arrabbiatura.

Perché invece non fare il contrario? Essere in ritardo può capitare a tutti, l’importante è come gestiamo la comunicazione. E (il più delle volte) il cliente apprezza la trasparenza.

Servizio organizzato: pensiamo a come potremmo da domani organizzare la nostra attività in modo diverso con l’obiettivo di semplificare la vita a noi e ai nostri clienti. Non è sempre necessario stravolgere quello che stiamo già facendo, certe volte basta mettersi nei panni del cliente e pensare a che cosa potrebbe fare piacere a lui.

Si parla spesso di customer care e servizio al cliente: per soddisfare i nostri clienti e fidelizzarli può bastare davvero poco.