Il reclamo: precauzioni per l’uso

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Vivi il reclamo del tuo cliente come il problema del tuo migliore amico. Ti aiuterà lui a trovare la soluzione. Per tornare da te e non rivolgersi alla concorrenza.

In questo post non ti voglio raccontare, a dispetto del titolo, tutti i passi necessari e concreti su come rispondere al telefono, cosa dire, cosa non dire, come scrivere e via dicendo.

Vorrei invece richiamare la tua attenzione su un altro aspetto, che è alla base di una corretta ed efficace gestione del reclamo di un cliente: il tuo atteggiamento.

Gestire i reclami non è facile

Ce lo possiamo dire: ascoltare una persona che è arrabbiata con noi o con la nostra azienda perché non ha ricevuto il prodotto così come lo aveva ordinato, non è stata contattata dal venditore come si aspettava, ha dovuto attendere a casa il tecnico per la riparazione per ore senza ricevere nessuna telefonata di scuse, non è piacevole. Soprattutto se non è responsabilità nostra, o se avevamo informato il nostro collega dell’importanza di quell’appuntamento, di quella telefonata o di quelle caratteristiche specifiche del prodotto.

Come, del resto, non è gradevole ascoltare il tuo collaboratore, che si occupa delle segnalazioni dei clienti, mentre si lamenta delle pratiche in continuo aumento, del fatto che il collega della produzione non gli comunica la data di spedizione di quel prodotto così tanto atteso, del fatto che i venditori non mantengono le promesse ai clienti, che poi chiamano lui urlando al telefono, o del fatto che non ce la fa più a reggere lo stress e che vuole cambiare mansione.

L’ho vissuto sulla mia pelle e mi ricordo come mi sentivo a fine giornata – penso che nemmeno due ore con i guanti da boxe a picchiare contro un sacco mi avrebbero aiutato a scaricare la tensione!

Mi è stata molto utile, invece, la capacità di assumere l’atteggiamento giusto per ascoltare i problemi.

Cerco di spiegarmi meglio.

Qual è l’atteggiamento giusto per gestire un reclamo

Come ti comporti quando un caro amico si rivolge a te perché ha un problema che gli sta a cuore, è in difficoltà, non sa come risolverlo, è ovviamente agitato o addirittura spaventato?

Credo che lo ascolti con attenzione ed empatia, cercando di metterti nei suoi panni, e ti offri di trovare con lui la soluzione migliore. Sicuramente non lo tratti male o gli rispondi in modo sgarbato – se è un amico -, ma sei felice se, alla fine della chiacchierata, lui ti sembra più sollevato e ti ringrazia per averlo ascoltato, perché sa che si può fidare di te.

Ecco, questo è l’atteggiamento che, a mio parere, le persone coinvolte nella relazione diretta con un cliente dovrebbero avere, a maggior ragione se il loro compito è quello di stare, per così dire, sul fronte a gestire reclami.

Con questo atteggiamento sincero e sentito, il resto viene da sé:

  • il tono di voce giusto
  • il piacere di ascoltare il cliente
  • il sorriso che non si vede al telefono ma che si sente (c’è chi consiglia di avere uno specchio davanti a sé per ricordarsi di sorridere!)
  • il desiderio di trovare una soluzione
  • la capacità di vivere il reclamo non come un’offesa personale
  • ma come una reale opportunità per migliorare qualcosa del servizio che diamo al cliente.

Tratta il cliente arrabbiato come se fosse un buon amico

Secondo te, se prendiamo un campione di 10 Italiani e gli facciamo sperimentare un disservizio, quanti chiameranno o scriveranno all’azienda?

Io direi non più di due. Quindi due persone ti diranno come si sono trovate e sentite nel relazionarsi con la tua azienda, e da queste informazioni potrai iniziare a modificare qualcosa se lo vorrai. E forse, se lo farai, avrai buone possibilità che questi clienti possano tornare da te.

E gli altri otto? Di loro non sai nulla. Se sono stati contenti, se torneranno da te, oppure se si sono trovati male, e, invece di raccontarlo a te, lo stanno raccontando ad amici e conoscenti.

Non ci sono quindi controindicazioni nel trattare un cliente come se fosse un buon amico. E come effetti collaterali solo tanti clienti in più.

Con l’unica avvertenza di farne uso tutti i giorni.